“La fame è un  inizio di dolore che ci invita a nutrirci; la noia è un dolore che ci costringe a impegnarci in qualche attività, l’amore è un bisogno, se non soddisfatto diviene doloroso. L’eccesso è pernicioso, in ogni campo: nell’astinenza come nella ghiottoneria, nell’economia come nella liberalità”.

Con queste parole, Voltaire ci dà un’immagine concisa delle componenti fondamentali che usualmente conducono alla strutturazione dei disordini alimentari: anoressia, bulimia, vomiting, binge eating.

Poche altre forme di psicopatologia risultano perturbanti quanto i disordini alimentari, poiché nella loro manifestazione appaiono eventi contro-natura che vanno in direzione opposta ad ogni logica di buon senso oltre che alla mera sopravvivenza: pensiamo alla ragazza anoressica che, riducendo progressivamente la sua alimentazione fino al completo digiuno, si avvicina sempre di più a una morte inesorabile; oppure alla ragazza che mangia e vomita in successione più volte al giorno fino a trasformare l’intera sequenza in qualcosa di tanto irrefrenabile quanto piacevole, nonostante tutti noi usualmente riteniamo disgustoso oltre che sgradevole l’atto del vomitare.

Inoltre, i disordini alimentari, una volta instauratisi, a differenza della maggior parte dei disturbi psichici, conducono, a lungo andare, ad evidenti alterazioni fisiche ed estetiche che la persona tende a percepire in maniera distorta rispetto alla realtà.

Quanto detto finora ci fa comprendere come un aiuto specialistico immediato e tempestivo sia di vitale importanza fin dalle primissime fasi del disordine alimentare, al fine di evitare l’instaurarsi di una patologia vera e propria o, nel caso in cui essa si sia già strutturata, evitare che questa si irrigidisca fino a condurre ad esiti letali.